2012 Riqualificazione della sorgente Santa Marina Sarno (Sa)

Perché ricostruire, anche se parzialmente, la forma antica della sorgente Santa Marina?

L’acqua è stata captata negli anni ’60 dall’Acquedotto Campano e inviata in diversi comprensori della Regione.

Per recuperare una lontana immagine di quella che una volta doveva essere un grosso bacino/sorgente, come testimoniano le antiche mappe, possiamo servirci oggi solo dell’acqua in eccesso rispetto a quella captata. Si ricostruisce una foce per ricostruire la storia di un territorio, per riprendere il bandolo di un tempo nel quale era connaturato nelle persone la misura, il decoro pubblico e il rispetto per la natura e l’ambiente.

Il territorio agricolo del Sarno oggi non esiste più. E’ stato devastato e corroso dall’abusivismo inutile, dalle fogne inesistenti, dalle baracche precarie, dalle recinzioni rattoppate, dalle discariche personali, dalla ferraglia, dalle gomme abbandonate delle auto.

E’ così nato un piccolo progetto, in un’area densamente antropizzata e periurbana, degradata sul piano ecologico-paesaggistico, allo scopo di restaurare e ripristinare il percorso antico di un tratto della sorgente Santa Marina e il residuo mosaico di formazioni vegetali naturali autoctone.

E’ un progetto emblematico perché indica una nuova direzione d’impegno per gli Enti territoriali. Il progetto elimina cemento e asfalto, risana, è un progetto di poderosa pulizia e di straordinaria manutenzione. Toglie. Non aggiunge. Non sono stati previsti né impianti d’illuminazione, né alcun impianto meccanico. La natura dovrà farcela da sola, nella sua piena libertà di essere quella che in se stessa può e “vuole” essere. Non vi sono fondazioni o muri o altre opere in cemento armato, i percorsi sono solo in ghiaia, a volte con leggere pavimentazioni di legno. Lo si potrebbe definire un progetto all’insegna della “decrescita”, mutuando un termine di Serge Latousche, e nell’alveo (è proprio il caso di dire) del libro “Decrescita – Architettura della Nuova Innocenza” di Riccardo Dalisi.

I buoni progetti da soli non servono, c’è bisogno che fin dalla fase della progettazione sia coinvolta, con misura e lentamente, la gente del posto, che cominci a consolidarsi una rete responsabile di persone (associazioni locali) che senta proprio il progetto e a cui affidare poi la manutenzione e la cura delle opere.

Un’ipotesi urbanistica per il territorio del Sarno potrebbe essere proprio questa: seminarlo con tanti, tantissimi piccoli progetti-laboratori di “decrescita” affidati a gruppi locali che sentono la necessità di un ritorno alla misura, al decoro pubblico e al rispetto per la natura e l’ambiente. Decrescita significa nuovo sviluppo.